lunedì 11 giugno 2012

Coelho, l'istigatore…

Ci posso scommettere. Ci posso scommettere che le libreria da domani (se non lo hanno già fatto) metteranno in bella vista il libro di Paulo Coelho "Manuale del guerriero della Luce". Funziona così: muore uno scrittore e i suoi libri ricoprono banconi e vetrine: un libro passa alla ribalta per una qualsiasi ragione ed ecco che si fa prepotentemente largo.
Così va la vita, scriverebbe Kurt Vonnegut.

Vi informo subito di due cose. Uno, Coelho non mi piace come scrittore. Due, Coelho non è morto, per fortuna. Ma per via della presenza di quel suo libro sul comodino di Giovanni Vantaggiato, il reo confesso della strage di Brindisi, di lui e di quel libro se ne farà un gran parlare nei prossimi giorni, penso.
Questo fatto di cronaca, sotto questo aspetto, non m'interesa, perché è altro che mi è venuto in mente: se avrete la solita pazienza, spero, vi dirò cos'è. Inizio solo col dirvi che davanti all'avventatezza di alcune considerazioni rimango esterrefatto.

Fabrizio Caccia, in un articolo sul "Corriere della Sera" di sabato scorso, tra i vari passaggi, riporta così il rinvenimento del libro da parte degli investigatori: "… sembra (Vantaggiato) come aver preso l'ispirazione dalle pagine dello scrittore brasiliano: «Il guerriero della luce si serve della rabbia per mostrare l'infinito valore della pace… si serve del fuoco per impartire una lezione sull'acqua… si serve della morte per mostrare l'importanza della vita…». Se ad armare il suo delirio è stato questo, oltre alla crisi economica… lo si saprà forse oggi stesso…"


Un libro, parole che armano la mano di uno squilibrato. Che responsabilità scrivere certe cose… Ha senso scrivere una frase del genere? O non è forse solo lo squilibrio mentale a distorcere l'interpretazione delle parole, ad alterarne significati per giustificare azioni che altrimenti suonerebbero come pura follia e che richiederebbero una semplice condanna, senza il bisogno di trovare vortici ambigui nella letteratura? Chi ha realmente impugnato la pistola che uccise John Lennon: Mark David Chapman o Salinger?
Se Coelho non fosse mai esistito sarebbe ancora in vita la ragazza di Brindisi? Se Salinger non fosse mai nato staremmo qui a parlare della morte di John Lennon?

Il fatto è che credo che faccia un grande effetto sulla gente pensare che un libro possa alterare una mente umana. A dire il vero io sono convinto che possa accadere. Ecco, era quello che volevo dirvi. Ma non in così poche parole.

Sono convinto che un libro sia in grado di suscitare un tale silenzioso processo dentro di noi da condizionare i nostri comportamenti, le nostre scelte. Solo che noi siamo inclini ad accorgerci che questo accade solo quando ci troviamo di fronte a cose grandi, molto grandi, e spaventose, e tremende. Vogliamo rimanere stupiti, inorriditi, sì, ma stupiti.


Mi chiedo, però, di tutti quelle banali cose quotidiane – sorrisi, parole d'affetto, aiuti, conforto, abbracci, sguardi, confidenze, amori, baci, sogni, speranze… – a cui le emozioni provate leggendo un racconto possono averci indotto, di tutte queste cose chi mai ne parlerà? Quando e quanto spazio mai occuperanno sulle pagine di un giornale? Sono cose silenziose, non fanno notizia, ma sono le cose a cui possono indurre i libri, una delle ragioni per cui vale la pena leggerli, se mai qualcuno me ne chiedesse una, di ragione.

L'inopportuno signor Ramsey, in "Gita al Faro" di Virginia Woolf, si chiede "Se Shakespeare non fosse mai esistito il mondo sarebbe stato molto diverso da quello che è oggi?"
Estrapolo questa frase come raccoglierei una goccia da un lago. Ma la riporto così com'è e la pongo a me stesso: se Shakespeare non fosse mai esistito il mondo sarebbe stato molto diverso da quello che è oggi?
È possibile che… la letteratura, credo, o più in generale, le arti, nonostante lotte, guerre, battaglie, abbiano evitato che ci distruggessimo l'uno con l'altro.
E se così fosse, se realmente sono state capaci di tanto, lo hanno fatto molto, molto silenziosamente.

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