giovedì 22 novembre 2012

Riflettendo su "Venuto al mondo"…



Perché non mi sono emozionato nel vedere il film “Venuto al mondo”? Eppure il film sembrava proprio puntare a questo. E allora perché non è accaduto? Lo avrò seguito distrattamente, il film? O sono incapace di provare emozioni? Forse. Ma c’è qualcosa che non mi convince. Non in me stesso, nel film. (Un’avvertenza: più avanti sarà svelato il finale del film; pertanto chi non volesse leggerlo può interrompere qui la lettura.)

Non posso dire che sia un film fatto male o di cui sconsiglio la visione, questo no. Mi è piaciuta la fotografia, la recitazione di Penelope Cruz, (molto meno quella del figlio di Sergio Castellitto), e in fondo anche la trama andava bene. Ma qualcosa non mi ha convinto. Insomma, questa mia riflessione non è una stroncatura, ma solo un volermi porre una domanda: perché diavolo non mi sono emozionato?

Ora, questo a voi potrà fregarvene poco, in quanto potrebbe essere essenzialmente un mio problema. Eppure, riflettendoci, mettendo a fuoco meglio trama e sequenze, ho come l’impressione che nel film ci sia qualche… tranello, per così dire, qualcosa che riduce l’onestà del regista, che fa sembrare il film pensato più per l’effetto che deve avere sul pubblico che non per la reale volontà di porre interrogativi su situazioni e scelte di vita.

Il fatto è che io faccio già fatica a capire cosa è accaduto in Jugoslavia, nell’assedio a Sarajevo, semmai ci sia qualcosa da capire in una carneficina senza senso. In questo scenario apocalittico, poi, liquidato con una semplice battuta tipo, "non sa che cosa dice…", indirizzata al criminale accusato di genocidio, Radovan Karadzic, (un po' poco, forse, per "spiegare" questa guerra),  il regista vorrebbe che io m’interrogassi su quanto etica sia la scelta per una coppia di volere a tutti i costi un figlio, fino al punto da decidere di inseminare una donna a loro estranea. E se questo non bastasse, il finale, svelando che la donna ha dato alla luce una creatura non in seguito all’inseminazione prevista, ma a causa di una violenza subita da alcuni militari, vuole che io mi chieda con quali occhi debba vedere un essere umano che, ignaro di tutto, è nato da tale violenza.

Guerra, scelte etiche, violenza, una vita nata dalla violenza… Troppo, sembra esserci troppo. Non che la trama sia impossibile o poco credibile, ma tutti questi temi mi sono sembrati funzionali non alla trama ma all’effetto che avrebbero dovuto avere sullo spettatore. Effetto ben chiarito da ogni personaggio, del resto, poiché tutti, chi prima chi dopo, versano lacrime (gli attori, intendo).
Anche alcune scene e alcuni dialoghi sono stati costruiti non perché necessari alla trama, ma utili solo a giustificare una sequenza successiva.

Penso a Diego, il compagno di Gemma (Penelope Cruz) quando dice di fare il fotografo di pozzanghere. È una specificazione del suo lavoro che non ha senso (o se ce l’ha mi deve essere sfuggito), ma è servita per rendere più… emozionante la scena in cui Gemma, danzando, perde il figlio che porta in grembo, e il sangue che cola lungo le gambe termina proprio in una pozzanghera, mentre lui, Diego, la sta fotografando. Ecco la giustificazione: musica di sottofondo, lei che balla, sangue che cola, rallenty, finalmente una pozzanghera.
E penso poi alla sedia che Diego porta con sé, dicendo che era quella di quando era piccolo, sedia che ricompare solo un’altra volta, quando, non essendoci più Diego, l’inquadratura della sedia ormai vuota (piuttosto scontata e banale, con tanto di musica ad effetto) serve a… "intenerire i cuori".
Forse sono state queste scene e altre simili a farmi seguire il film con una certa diffidenza. Era come se mi sentissi osservato dal regista, e che lui tentasse di vedere non quanta attenzione prestassi alla trama, ma quanta emozione trasparisse sul mio volto.

Sarà che forse le situazioni straordinarie mi emozionano solo nella realtà. Nella finzione – nei film, appunto – l’occhio dovrebbe essere impressionato da quei dettagli ordinari che la trama fa diventare eccezionale, cose semplici, come uno sguardo, una mano stretta, una carezza, delle parole sussurrate, una persona che di spalle si allontana…
Magari, per queste cose, potrei anche emozionarmi.

1 commento:

  1. non emoziona, o meglio non mi ha emozionato, perché lascia qualcosa di irrisolto nell'accostare drammi personali e tragedie collettive senza fonderli in un amalgama efficace. Perché Sarajevo e la sua tragedia sono lo sfondo (quanti in sala si saranno chiesti dove si trovi Sarajevo e che cosa vi fosse successo?), che avrebbe potuto essere tranquillamente sostitito da un'altra tragedia dell'umanità, di un menage a trois... Perché le scene sono di maniera: forma e non sostanza...

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